Si può lavorare come Assistente di Direzione in Smart Working?

Lavorare come Assistente di Direzione in Smart Working è possibile? Scopriamo come fare e perché è anche un ottimo strumento di valutazione

 

Con la pandemia da Covid-19, si sono diffuse molto parole come Smart Working, Remote Working e Lavoro ibrido: si intende una modalità di lavoro da casa oppure flessibile, in cui si lavora in parte da casa e in parte in ufficio.

 

Ma come strutturarlo, questo Smart Working? Come gestire il tempo? E se fosse anche un metro di valutazione per la professione di Assistente di Direzione e non solo? Parliamo, infatti, di uno tra i migliori strumenti, per un’azienda, per valutare in tempo zero la professionalità delle persone.

 

Scopriamo insieme, allora, come lavorare in Smart Working da Assistente di Direzione e come usare questa modalità di lavoro per valutare la professionalità dei dipendenti.

 

Si può lavorare come Assistente di Direzione in Smart Working?

 

Certo che sì. Te lo spiego con un esempio concreto: il mio! 

 

Ho inventato, infatti, lo Smart Working per la mia attività di Assistente di Direzione otto anni fa, molto tempo prima dello scoppio della pandemia.

 

Nel settembre 2016 inizio a lavorare per una grossa multinazionale come Personal Assistant di un top manager responsabile di sette aziende del gruppo, con sedi a Birmingham, Bergamo, Piacenza, Cagliari, Düsseldorf, Houston, e San Paolo (Brasile).

 

Mi danno un pc portatile e un cellulare aziendale con un piano tariffario adeguato a lavorare con tutto il mondo. Io vivo a Milano, il mio capo anche, e ci viene dato un ufficio nell’azienda di Bergamo. Nel 2016, però, l’azienda di Bergamo è quella con cui io e il mio capo lavoriamo meno. Lui visita regolarmente tutte le altre aziende e io all’inizio lo seguo poco nei suoi viaggi di lavoro. 

 

La mattina parto da Milano e vado in ufficio a Bergamo. Mi siedo alla scrivania e parlo, via e-mail e cellulare, con Piacenza, Cagliari, Birmingham, Düsseldorf, Houston, e San Paolo. Non esco dalla stanza se non per un caffè o la pausa pranzo. A ottobre non vedo il mio capo una volta. Ci sentiamo regolarmente al telefono e via e-mail. Il lavoro procede al meglio, lui fa il suo lavoro on site, io faccio da connettore fra le sette realtà aziendali, così distanti fra loro sia geograficamente che per cultura aziendale. 

 

Spesso ho degli impegni a Milano dopo il lavoro. L’autostrada Bergamo-Milano di sera è un terno al lotto e la coda al casello un appuntamento fisso. Devo uscire in anticipo per prevedere l’imprevisto e non rischiare di fare tardi. La mattina devo timbrare in tempo perché le otto ore scadano alle 17. Dopo aver timbrato, mi risiedo in ufficio da sola e comincio a parlare con Piacenza, Cagliari, Birmingham, Düsseldorf, Houston, e San Paolo.

 

A novembre, dopo altre tre settimane di trasferte del mio capo, lo incontro a Piacenza per una riunione di team e gli spiego la situazione. Sono un’Assistente: l’ottimizzazione è nel mio sangue e fa parte delle mie competenze. 

 

Semplicemente, questa organizzazione non ha senso

 

L’azienda, inoltre, sta pagando benzina e Telepass a qualcuno che si reca a Bergamo a chiudersi in una stanza da sola. È così che, a novembre 2016, invento lo Smart Working per la mia attività di Assistente di Direzione.

 

Come lavorare da Assistente di Direzione in Smart Working?

 

Inizio quindi a lavorare come Assistente di Direzione in Smart Working. Uso questo termine col suo significato corretto, ovvero quello di lavoro ibrido: sono autonoma e decido io da dove lavorare (da casa, dall’ufficio o altrove). Il mio capo, all’inizio, è spaesato: quando ci sentiamo vuole sapere se sono in ufficio o no. Ma la confusione dura poco, perché a livello lavorativo non cambia nulla. 

 

Porto a termine i compiti, rispetto le scadenze, seguo i progetti con dedizione e continuo ad essere un punto di riferimento fondamentale per i sette team. Uso una formula ibrida, perché andare in ufficio mi piace da sempre. Ma quando muoversi da Milano non ha senso per vari motivi, lavoro da casa. 

 

Quando il mio capo è in sede a Bergamo vado sempre in ufficio, anche anni dopo, quando lo Smart Working è stato ormai sdoganato e il mio capo mi dice “Domani sono in ufficio, ma vedi tu se venire o no, è uguale”. Vado sempre, perché lo ritengo giusto e perché la mia professionalità come Personal Assistant non è mai cambiata. 

 

Smart Working: uno strumento utile per valutare la professionalità di un Assistente 

 

Lo Smart Working non è più solo l’unica soluzione sensata per un dipendente o un Assistente di Direzione: è anche uno tra i migliori strumenti di valutazione utili per un’azienda, per valutare in tempo zero la professionalità delle persone.

 

La professionalità di una persona, infatti, non cambia: non deriva da situazioni esterne, ma da valori e convinzioni. Se qualcuno è professionale, lo sarà in qualsiasi situazione. Se non è professionale, non lo sarà in ufficio e non lo sarà a casa. 

 

Quando introdussi lo Smart Working per la mia attività di Assistente di Direzione, anche altre persone nel mio contesto aziendale iniziarono a chiederlo. Così come io non cambiai, nemmeno gli altri cambiarono. Chi non aveva voglia di lavorare in ufficio, non aveva voglia di lavorare nemmeno a casa. 

 

Ma una cosa è successa. 

 

Si è accelerata la dichiarazione di professionalità delle persone.

 

La persona non professionale, che fa il minimo indispensabile, se messa in ufficio a una scrivania controllata a vista, ci impiegherà più tempo a rivelarsi. Te lo dico per esperienza, da ex-responsabile di team.

 

Lo Smart Working, in questo senso, è un ottimo modo per testare e valutare la professionalità non solo di un Assistente di Direzione, ma anche dei dipendenti. Dai spazio alle persone di dimostrarti la loro professionalità e avrai le risposte che cerchi… in bene e in male!

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